Abolito il segreto salariale: più trasparenza con gli stipendi

Con l’addio al segreto salariale i datori in sede di colloquio non potranno più chiedere quanto guadagna il candidato con un’altra azienda

La direttiva Ue 2023/970 dello scorso maggio dovrà essere recepita dall’Italia entro il 7 giugno 2026. Addio al segreto salariale che riguarda il guadagno di un lavoratore dipendente, che sia pubblico o privato. Ma in cosa consiste?

segreto salariale
Busta paga (foto AdobeStock) – Bonus.it

Significa che sarà possibile sapere quanto guadagnano le persone che svolgono lo stesso lavoro. Infatti il fine della direttiva è applicare con maggior forza il principio della parità di retribuzione tra uomini e donne. In pratica è la trasparenza retributiva e i meccanismi con la quale viene applicata.

Il Sole24Ore riporta alcuni dati. All’interno degli Stati UE le donne guadagnano in media il 13% in meno rispetto ai colleghi uomini, nonostante il trattato di Roma abbia sancito la parità retributiva.

Stop al segreto salariale: cosa prevede la direttiva europea

Nell’articolo 4 della nuova direttiva, al capo I, si legge: “gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che i datori di lavoro dispongano di sistemi retributivi che assicurino la parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore”.

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Lavoratore e datore (foto Canva) – Bonus.it

Al Capo II i candidati a un lavoro, dal potenziale datore, hanno diritto a ottenere “informazioni sulla retribuzione iniziale o sulla relativa fascia da attribuire alla posizione in questione”.

Inoltre c’è un punto davvero interessante e che riguarda tanti candidati ai quali ai colloqui si chiede quanto guadagnavano in precedenti rapporti di lavoro o in quelli in corso. Quando la direttiva sarà recepita con una legge, ciò non sarà più possibile.

I lavoratori hanno un nuovo diritto, quello di richiedere e ricevere “per iscritto” informazioni sulla propria retribuzione media, “ripartiti per sesso, delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore”.

Le informazioni richieste devono essere ricevute entro massimo due mesi. Sempre per rispettare il principio della trasparenza i datori non possono impedire ai propri dipendenti di rendere nota la propria retribuzione. Devono anche essere rese illegali eventuali clausole contrattuali su tale punto poiché il lavoratore deve essere libero di decidere se dire o meno quanto guadagna.