Social e querele per diffamazione: la novità introdotta dalla Cassazione

I Leoni da tastiera da oggi hanno un nemico in più, una Sentenza che farà discutere e che fa giurisprudenza sulla diffamazione via social

In questa caldissima estate del 2023 arriva un grande passo verso il futuro. O meglio verso la civiltà del futuro. Il passo è frutto di una decisione della Corte di Cassazione di Roma. Una decisione, che si palesa sotto forma di una sentenza che si può tranquillamente definire storica. La sentenza della Cassazione, che quindi fa immediatamente giurisprudenza, riguarda il dibattito sui social media.

Querele diffamazione Social (Foto Canva) - bonus.it 20230911
Querele diffamazione Social (Foto Canva) – bonus.it

Da oggi, infatti, per incorrere nelle spire della legge e nella fattispecie del reato di querela per diffamazione, cambieranno tutti i termini. Non sarà più necessario, infatti, la semplice denigrazione e l’insulto esplicito. Sarà sufficiente anche l’uso offensivo ed inappropriato delle emoticon. Consigliamo a tutti, quindi, di prestare particolare attenzione, poiché si potrà essere querelati per tutte le offese proferite con questa modalità.

Diffamazione social, le nuove regole

La protagonista principale della vicenda è una lavoratrice di Roma che, con un reel sul proprio account social, si è lamentata del fatto che “è solo mercoledì”. Condito da una emoticon molto eloquente. Sotto intendendo così lo “strazio” di trovarsi, appena, a metà della propria settimana lavorativa nel locale in cui era dipendente. Il reel è stato intercettato dal proprietario del locale che l’ha licenziata su due piedi per giusta causa. La vicenda, posta così, potrebbe apparire paradossale. Ma non lo è affatto. Il datore di lavoro della donna licenziata, infatti, ha considerato il reel come lesivo dell’immagine del locale.

Querele Diffamazione Social, app (Foto Canva) - bonus.it 20230911
Querele Diffamazione Social, app (Foto Canva) – bonus.it 20230911

Il fare denigratorio delle emoji, associate al reel, era, per i conoscitori dei linguaggi non verbali, abbastanza esplicite. La vicenda ha poi seguito il suo corso giudiziario fino alla recente sentenza della Cassazione. Sentenza che, di fatto, dà ragione al proprietario del locale. La diffamazione via social, infatti, è un terreno estremamente fertile ed in pochi si preoccupano veramente delle conseguenze che potrebbero trovare, in risposta ai loro commenti online. Fate attenzione quindi, se anche voi siete, agite in modalità leoni da tastiera.

Il semplice emoji di un pagliaccio o anche solo di una risata, quando hanno lo scopo di denigrare, saranno visti come un’offesa pubblica. E nel caso qualcuno scelga di sentirsi offeso da queste bassezze online, difficilmente avrebbe la peggio in un processo per diffamazione. La sentenza in tal senso è nettissima, le parole e le emoji, condivise in maniera pubblica hanno valore legale. Sono ammissioni pubbliche e difficilmente si possono ignorare. Se queste poi si riferiscono ad un locale o ad un’attività commerciale più in generale, allora la storia si complica ancora di più. Attenti quindi a cosa decidete di postare e dire sui social