Quali sono le possibilità allo studio della maggioranza per garantire ai giovani, pensioni non che non siano da fame
Al rientro dalla vacanze sono iniziati la discussione e il confronto che porteranno alla Legge di Bilancio per la fine dell’anno in corso. Le risorse, come riconosciuto anche da autorevoli esponenti del governo e anche dal Presidente del Consiglio Meloni, sono poche e andranno usate, negli intenti dell’esecutivo, per le questioni più scottanti: pensioni, redditi, salari, famiglie e sanità.
Una delle problematiche più complesse è quella relativa ai futuri assegni pensionistici per le generazioni che si affacciano al lavoro. Ma d’altra parte la questione riguarda un po’ tutti i lavoratori alle prese con il sistema contributivo che, in vigore dal 1996, è svantaggioso per tutti i lavoratori, in particolare per chi ha occupazioni precarie e retribuzioni basse.
Le proposte in discussione le pensioni per i giovani
Le prospettive recentemente emerse anche dai dati presentati dal Consiglio nazionale dei giovani e da Eures sono drammatiche con possibilità di lavorare ben oltre i 70 anni e assegni molto inferiori ai mille euro al mese. Il nodo centrale resta il sistema di calcolo dell’intero trattamento previdenziale che effettuato con il contributivo puro resta, come accennato, sfavorevole per i giovani lavoratori e non solo.
I contributi versati nella carriera professionale che vanno a comporre il montante contributivo uniti al coefficiente di trasformazione impietoso, oltre a altri elementi che compongono il complesso quadro che determinano l’ammontare della pensione, sono del tutto insufficienti nel caso di lavoro precario e mal pagato.
Ma questo ragionamento vale anche con retribuzioni più alte. Occorre una continuità di decenni per avere a disposizione risorse sufficienti per una pensione dignitosa. Inoltre anche la scelta di non concedere adeguamenti al minino della pensione per chi ha contributi solo a partire dal 1996, crea le condizioni per una situazione sociale drammatica in un futuro non troppo lontano.
La presenza di “buchi di contribuzione previdenziale”, causati dalle pause tra un lavoro e l’altro, determina le condizioni per assegni molto bassi e senza un intervento deciso la situazione non può che peggiorare nei prossimi anni. Il tasso di sostituzione, cioè i rapporto tra ultimo stipendio e primo assegno pensionistico è per il futuro anche al di sotto al 50 per cento. A questo punto le iniziative governative sono necessarie per provvedere a una riforma del sistema.
Le idee al vaglio sono diverse. Una possibilità potrebbe essere il riconoscimento per ogni anno di lavoro un periodo contributivo di 1,5 anni, con l’intervento statale per coprire le spese contributive aggiuntive, circa lo 0,5, pari a sei mesi di lavoro. Altra opzione caldeggiata dai sindacati quella relativa alla pensione di garanzia.
Altre ipotesi allo studio
In altre parole un adeguamento al minimo anche per il sistema contributivo puro. Altra idea sul tavolo il riscatto agevolato del periodo relativo agli studi universitari, comprendo con effetto retroattivo anche i corsi universitari solo recentemente introdotti. Soluzione questa spinta soprattutto in sede governativa.
Altra possibilità relativa a periodi di formazione e di studio, far valere per gli scopi contributivi anche le esperienze di formazione ancora non coperte da contribuzione obbligatoria. Queste in soldoni alcune delle proposte in discussione, ma tutte vincolate alla disponibilità di fondi. Il confronto è solo all’inizio.